Ci sono film, che oltre ad essere belli per la sceneggiatura o la recitazione, sono bei film perchè raccontano belle storie, storie di luoghi e persone dimenticate dal tempo, storie di posti del nostro paese meravigliosi ma oscurati dall’incuria e dalla cattiva nomea, figlia di decenni di malgoverno e violenza gratuita.
Francesco Munzi con “Anime nere”, in concorso a Venezia, ha deciso di occuparsi di un luogo che tutti citano ma pochi conoscono davvero.
Africo, paesino arroccato nel cuore dell’Aspromonte, sinonimo di ’ndrangheta, raccontato nell’omonimo libro di Gioacchino Criaco (ed. Rubbettino), scrittore e giornalista che ad Africo è nato davvero, da cui poi è nata la sceneggiatura del film.
Storia di tre fratelli accomunati da un destino predestinato, criminali indipendenti dai grandi clan, ma costretti a farci i conti: Munzi ha convissuto un anno e mezzo con gli abitanti di Africo, per capire la psicologia dei personaggi, per capire che i confini tra bene e male non sono sempre così netti.
Una finzione nutrita di personaggi e esperienze reali, una bella storia.