Era il 1966 quando Adriano Celentano presentò al Festival di Sanremo uno dei suoi brani più famosi e di maggior successo non soltanto nel nostro paese, parliamo della canzone “Il ragazzo della via Gluck”.
La canzone ha compiuto mezzo secolo e mai come oggi è sempre attuale e le parole di denuncia per i danni provocati dalla cementificazione selvaggia, contenute in questo brano possono valere anche ai giorni nostri.
Un teso autobiografico che Adriano Celentano aveva pensato molti anni prima, quando da piccolissimo giocava libero sui prati del suo quartiere. L’artista ha raccontato di come è nata l’ispirazione per questo brano: “La scintilla fu quando a quattro anni, mentre giocavo nel cortile al 14 di via Gluck, vidi un raggio di sole. Una parte del cortile era illuminata mentre l’altra metà era in ombra. Iniziai a rotolarmi felice tra la parte illuminata dal sole e l’ombra. Avevo i pantaloncini corti tutti sporchi, erano più grandi della mia taglia, forse appartenevano al maggiore dei miei fratelli, Alessandro, quand’era piccolo. Con una bretella giù e l’altra al suo posto, come solo gli scugnizzi sanno indossare. Scalzo. Scarmigliato, con le guance rosse. Mentre mi rotolavo, mi fermai e mi sdraiai a terra con le braccia e le gambe aperte guardando il raggio di sole che illuminava il cortile che a me sembrava bellissimo. M’inchinai e baciai quel raggio. Avvertii, pur essendo così piccolo, quanto ero felice. Libero di correre sui prati. Di sporcarmi, senza temere nulla, protetto da tutta la famiglia e dai miei amici…”.
“Il ragazzo della via Gluck” al Festival di Sanremo fu bocciata ma quella bocciatura è stata anche il suo successo e il brano dopo cinquant’anni dalla sua pubblicazione è ancora conosciuta e cantata in tutto il mondo.