La fibromialgia è una sindrome muscolo-scheletrica che causa dolore ed affaticamento. Prevalentemente interessati dal dolore sono: la colonna vertebrale, le spalle, il cingolo pelvico, braccia, polsi, cosce.
Al dolore cronico, che si presenta spesso a intervalli, si associano diversi sintomi, soprattutto disturbi dell’umore e del sonno, nonché astenia, ovvero affaticamento cronico. Inoltre la non-risposta ai comuni antidolorifici, nonché il carattere “migrante” dei dolori, sono peculiari della fibromialgia.
Questa condizione viene definita “sindrome” poiché esistono segni e sintomi clinici che sono contemporaneamente presenti (un segno è ciò che il medico trova nella visita; un sintomo è ciò che il malato riferisce al dottore).
La fibromialgia è altresì descritta come forma generalizzata di reumatismo extra-articolare non infiammatorio, ad origine incerta. Non si tratta di un disturbo psichico, anche se lo stress psicofisico e l’ansia possono incidere su di essa, e tuttora alcuni specialisti la vedono come un insieme disparato di sintomi spesso trattati come psicologici, o come gli effetti fisici del disturbo depressivo.
La sindrome fibromialgica manca di alterazioni di laboratorio. Infatti, la diagnosi dipende principalmente dai sintomi che il paziente riferisce. Alcune persone possono considerare questi sintomi come immaginari o non importanti.
La patogenesi della malattia è, infatti, un argomento molto discusso: non esistono ancora dati definitivi, ma molti studi cercano di approfondire l’interazione multifattoriale esistente alla base della malattia.
In particolare, i ricercatori ritengono che la fibromialgia amplifichi le sensazioni dolorose (o ne riduca l’inibizione), influenzando il modo in cui il cervello elabora i segnali di dolore.
Solo negli ultimi 10-15 anni si è potuto approfondire la conoscenza di questa malattia, che in Italia interessa circa 1.5-2 milioni di persone, soprattutto di sesso femminile.
Al momento, purtroppo, non esiste una cura per la fibromialgia, ma sono disponibili diverse opzioni terapeutiche che consentono di controllare ed alleviare i sintomi: farmaci (antidepressivi e antidolorifici), esercizio fisico e tecniche di rilassamento.
A quanto pare, stando ad una recente ricerca, a rivelarsi molto efficace è stato anche il Tai Chi.
L’antica arte marziale cinese diffusa oggi in tutto il mondo come forma di allenamento “morbido”, ma anche come vera e propria terapia capace di migliorare la salute e contrastare l’invecchiamento, è stata riconosciuta valida contro la fibromialgia da uno studio pubblicato di recente sul Bmj da un team di esperti appartenenti a diverse università americane.
Lo studio ha coinvolto 226 malati di fibromialgia in diversi centri terapeutici americani, metà dei quali ha seguito la tradizionale routine di esercizi aerobici per un periodo di 24 settimane, mentre i restanti sono stati divisi equamente in 4 gruppi di intervento basati sul tai chi, differenziati da una durata e frequenza diversa delle sedute terapeutiche.
Per 52 settimane dall’inizio dello studio i pazienti sono stati monitorati attraverso un questionario di auto-valutazione dei sintomi della fibromialgia, e al termine della sperimentazione i ricercatori hanno quindi potuto comparare l’efficacia dei differenti interventi. Come anticipato, il tai chi si è rivelato superiore: in grado di migliorare notevolmente la qualità di vita dei malati rispetto alla normale ginnastica aerobica, sia sul piano fisico che psicologico.
Ricordiamo che il Tai Chi è basato sul concetto taoista di Ying-Yang, l’eterna alleanza degli opposti. Nato come sistema di autodifesa – Tai Chi Chuan significa letteralmente “suprema arte di combattimento” – si è trasformato nel corso dei secoli in una raffinata forma di esercizio per la salute ed il benessere anche se esistono alcune scuole che continuano ad insegnarlo e esercitarlo anche come vero e proprio sistema di difesa.