In Italia, e non solo, il diabete uccide più del cancro. Questo è quanto afferma Simona Frontoni, Professoressa di Endocrinologia a Tor Vergata e membro Sid. È il diabete, dunque, la malattia del secolo: nel mondo sono affetti da questa malattia 425 milioni di persone, 4 milioni si trovano in Italia.
Sono impietosi i numeri dell’Osservatorio Arno Diabete. Secondo le stime di un recente studio, i diabetici nel mondo nel 2045 saranno 629 milioni. In Italia sono già 4 milioni, circa il doppio di 20 anni fa. E il dato che rende questi numeri ancora più allarmanti, è che oltre un milione di persone non sanno di esserlo.
Sono attendibili questi numeri? Sicuramente poiché l’ARNO è un osservatorio multicentrico delle prestazioni sanitarie erogate dal SSN al singolo cittadino. In pratica la banca dati ARNO aggrega le prescrizioni farmaceutiche di quasi 11 milioni di abitanti di 32 Aziende Sanitarie convenzionate al servizio ARNO. I dati sul diabete, dunque, possono considerarsi più che certi.
Ma c’è di più. Non solo oggi siamo in grado di conoscere il numero di persone affette da diabete, ma possiamo anche sapere le aree geografiche in cui c’è il rischio di ammalarsi è decisamente maggiore.
Da un altro recentissimo studio realizzato dall’Osservatorio sulle malattie della povertà della Fondazione per la medicina solidale di Pellaro (Reggio Calabria), in collaborazione con la facoltà di Architettura dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, si evince che due diabetici su tre vivono nelle metropoli. Si parla, dunque, di “diabete urbano”.
Pare che fra le cause scatenanti del diabete, malattia tanto subdola quanto pericolosa, ci siano: il maggiore tasso di inquinamento; le ore trascorse in auto sono di più; l’alimentazione affidata a fast-food mordi e fuggi che propinano cibo spazzatura; i ritmi frenetici e le sempre più interminabili ore di lavoro che costringono a spuntini frugali e veloci davanti a un PC, oppure a un unico e abbondante pasto serale.
A queste, come denuncia Andrea Lenzi, Professore di Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma, si aggiungono contesti urbani poco vivibili che creano disuguaglianze anche di salute.
“La medicina da sola non basta più. – spiega Lenzi che subito dopo aggiunge – Abbiamo raggiunto alte capacità diagnostiche e terapeutiche ma senza l’aiuto delle amministrazioni comunali, degli urbanisti e degli psicologi non riusciremo mai a ridurre il diabete”.
Ricordiamo che il Professor Lenzi dirige l’Health City Institute, una realtà nata tre anni fa per studiare la salute nelle città e suggerire gli strumenti più sostenibili e all’avanguardia per promuovere contesti urbani più sani.
Fra centro e periferia, purtroppo, si sono create pericolose disuguaglianze di salute. Per esempio: “A Roma – racconta Lenzi – nei quartieri centrali, più benestanti, la prevalenza di diabetici è del 5,8 per cento mentre nelle zone periferiche, più disagiate, del 7,2, perché si predilige il junk food che costa meno”.
A Lenzi fa il coro spiega Carmelo Caserta, Presidente della Fondazione per la medicina solidale di Pellaro: “Una persona che vive in periferia è più soggetta al diabete perché usa più spesso l’auto privata per recarsi al lavoro, avendo pochi mezzi pubblici a disposizione, e perché impianti sportivi e spazi verdi per l’attività fisica sono carenti”.
E la politica che cosa fa? Poco fino ad ora, ma qualcosa si muove. Nel mese di ottobre u.s., se iniziativa di Daniela Sbrollini del PD e Roberto Pella di Forza Italia, è stato costituto l’intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”.
E proprio nella giornata odierna, 9 novembre 2018, a Montecitorio si è parlato della Giornata mondiale del diabete che si celebrerà il 14 novembre. Nell’occasione è stata spiegata la finalità dell’intergruppo che, come ribadisce la senatrice Sbrollini, è di:
“Raccogliere, selezionare e accelerare l’approvazione delle proposte di legge già depositate per la prevenzione dell’obesità e del diabete nelle città, nominare un team di esperti e stringere alleanze con le università per realizzare strumenti e interventi di promozione della salute”.
L’intergruppo ha già un sito web già online e fra le misure per contrastare il diabete, propone l’introduzione in tutte le scuole primarie dell’insegnante di educazione.
“Oggi – spiega ancora la Sbrollini – la lezione di ginnastica è spesso affidata a una maestra qualsiasi, che non ha una laurea in scienze motorie”.
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