La settimana corta a scuola, quel modello organizzativo che prevede l’attività didattica concentrata in cinque giorni anziché sei, segnando il weekend dall’antesignano venerdì, è diventata una realtà diffusa nel panorama educativo italiano. Tale trasformazione non è avvenuta dall’oggi al domani, ma è il risultato di un percorso progressivo, iniziato ufficialmente negli anni ’90.

I primi passi verso la settimana corta si sono mossi parallelamente alle istanze che vedevano la necessità di riformare il calendario scolastico per adeguarlo alle nuove esigenze di studenti e famiglie. La riforma Moratti del 2003, sotto il governo Berlusconi, è stata un punto di svolta significativo: ha introdotto ufficialmente la possibilità per le scuole di adottare la settimana corta, lasciando autonomia alle istituzioni scolastiche di decidere l’organizzazione del tempo scuola.
Nonostante l’autonomia concessa, la transizione a una settimana scolastica di cinque giorni non è stata immediata. Inizialmente, vi erano resistenze sia da parte di alcuni docenti, preoccupati che la riduzione dei giorni potesse comportare una compressione eccessiva delle ore di lezione, sia da parte di genitori, temendo che il tempo libero supplementare del sabato potesse non essere impiegato in maniera costruttiva.
Tuttavia, con il passare degli anni, la settimana corta è stata vista sempre più come un’opportunità per migliorare la qualità della vita scolastica e familiare. Si è assistito a un progressivo allineamento con le abitudini europee e con una concezione di educazione che va oltre il puro insegnamento frontale. La possibilità di avere il sabato libero ha aperto nuove prospettive per attività extra-curriculari, progetti educativi alternativi e, non meno importante, un momento di respiro e distensione per studenti e insegnanti.
La settimana corta ha anche avuto l’effetto collaterale di stimolare le amministrazioni locali a sviluppare programmi per l’occupazione del tempo libero dei giovani, con iniziative culturali, sportive e di volontariato.
In termini di adozione, la diffusione della settimana corta è stata graduale. Da iniziative pilota e adozioni sparse in diverse regioni, si è passati a una scelta ormai consolidata per la maggior parte delle scuole italiane. Questo cambiamento è stato anche sostenuto dalle evidenze di diversi studi che hanno mostrato benefici in termini di rendimento scolastico e benessere psicofisico degli studenti.
Oggi, con la settimana corta ben radicata nel tessuto scolastico italiano, si guarda a nuove sfide e opportunità, come l’integrazione tra didattica formale e non formale e la sempre più pressante necessità di bilanciare tempi di apprendimento e tempi di vita in una società che evolve rapidamente.
Mentre le scuole si adattano ai cambiamenti, la settimana corta rimane un esempio lampante di come le istituzioni possano riformarsi, ascoltando e seguendo le mutate esigenze della comunità educativa, continuando a offrire un servizio essenziale per la crescita e lo sviluppo del capitale umano del paese.