La sclerosi laterale amiotrofica, più comunemente conosciuta con la sigla SLA, è una malattia degenerativa che colpisce le cellule cerebrali preposte al controllo dei muscoli, compromettendo progressivamente i movimenti della muscolatura volontaria. Come ogni malattia, la SLA presenta un decorso variabile da persona a persona, nonostante il suo carattere invalidante e la prognosi spesso negativa.
Come tutte le malattie rare, la genesi della SLA è ancora sconosciuta, sebbene sia ormai accertato che la SLA non è dovuta ad una singola causa trattandosi, al contrario, di una malattia determinata da diversi fattori (origine multifattoriale).
Circa il 75% delle persone affette da SLA sperimenta la malattia con un “esordio ad un arto”. La progressiva debolezza muscolare ha poi diverse conseguenze: gli oggetti cadono spesso dalle mani, c’è incertezza nell’uso delle gambe, difficoltà nel lavarsi e nel compiere semplici gesti di vita quotidiana. Con il progredire della malattia aumentano i muscoli che sono compromessi, come quelli che presiedono alla deglutizione o che sono coinvolti nella respirazione: la persona presenta affanno facilmente, anche nel compiere i movimenti più semplici o gli sforzi più lievi.
La sopravvivenza media dall’esordio al decesso può variare dai tre ai quattro anni. Circa il 10% sopravvive più di 10 anni. La maggior parte muore per insufficienza respiratoria.
E soffriva di sclerosi laterale amiotrofica che lo ha costretto per decenni sulla sedia a rotelle anche Stephen Hawking, astrofisico di fama mondiale, che è morto all’età di 76 anni nella sua abitazione a Cambridge, in Gran Bretagna.
Ma il genere di Sla di cui soffriva Hawking era atipico e non del genere più pernicioso, che porta alla morte in pochi anni.
Nato il 4 gennaio 1942, nella stessa data in cui era morto tre secoli prima Galieo Galilei, Hawking è morto il giorno del compleanno di Albert Einstein, nella giornata dedicata al Pi-Greco, il Pi-Greco Day.
Hawking è stato uno tra i fisici teorici più conosciuti al mondo: la sua notorietà si deve soprattutto agli studi sui buchi neri, sulla cosmologica quantistica e sull’origine dell’universo.
«Siamo profondamente addolorati nell’annunciare che nostro padre è morto – affermano Lucy, Robert e Tim, i figli di Hawking-. È stato un grande scienziato e un uomo straordinario il cui lavoro continuerà a vivere per anni. Il suo coraggio e la sua perseveranza, insieme al suo brillante humor, hanno ispirato molti nel mondo».
Costretto all’invalidità fisica da quando ne aveva 20, lo scienziato rimane un esempio di come il limite fisico non corrisponda a quello mentale. Anzi, di quanto potenzialmente illimitato sia l’ingegno, a dispetto del corpo.
Professore dell’Università di Cambridge, per trent’anni, Hawking ha ridefinito la cosmologia proponendo l’idea che i buchi neri emettono radiazioni e poi evaporano. Lo scienziato ha infatti attuato la teoria quantistica ai buchi neri, che emettono radiazioni che li fanno poi evaporare. Questo processo aiuta a spiegare la nozione che i buchi neri sono esistiti a livello micro fin dal Big Bang. Il suo libro “Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo”, pubblicato nel 1988, gli ha assicurato fama mondiale, con 10 milioni di copie vendute in 40 diverse lingue.
Atipicamente ateo, in quanto non negava in modo assoluto un qualche intervento divino nell’attività cosmologica, ma la riduceva ad una forma di pensiero ancestrale, nel saggio “The Grand Design” del 2010 teorizzava una “creazione spontanea per cui esiste l’universo”.
Affermava peraltro che scienza e religione siano due ambiti inconciliabili, poiché basati su principi divergenti: osservazione l’una, autorità l’altra. Da qui anche la teoria cosmologica sull’inizio senza confini dell’Universo, ovvero lo “stato di Hartle-Hawking”.
Innumerevoli i suoi premi e i riconoscimenti ottenuti durante la sua carriera di ricercatore. Sulla possibilità dell’esistenza di vita intelligente extraterrestre, Hawking ha sempre sostenuto che probabilmente gli alieni esistono, ma è meglio per noi starne alla larga.