Annamaria Barenzi è stata eletta la professoressa migliore d’Italia.
Il Ministero della Pubblica Istruzione ha indetto l’Italian Teacher Prize, che, proprio perché italiano, è stato chiamato così in inglese.
La Barenzi insegna matematica, e il suo impegno è prevalentemente negli ospedali di Brescia, con i ragazzini malati di tumore.
Cinquantuno anni, una bravura non indifferente, e una vocazione sociale altrettanto forte. Le ragioni per le quali Annamaria ha vinto il primo premio sono fondamentalmente queste.
E prima su cinquantamila concorrenti non è poco. A lei arrivano 50.000 euro che porterà in dote alla propria scuola.
Dice l’insegnante di matematica: “All’inizio avevo paura di non reggere il dolore dei ragazzi, ma hanno forza e sono loro a insegnarci coraggio e dignità. Ecco, la soddisfazione è quando per qualche ora riesci a far dimenticare la malattia e si mettono in gioco. Si sentono normali, adolescenti, come tutti”.
Ma, di là da tutto e del giusto riconoscimento a una persona così valida e sensibile, non ci piace l’idea della competizione, delle graduatorie, delle classifiche, perfino con gli insegnanti.
Già per gli studenti sta diventando tutta una competizione, compresi i test universitari per entrare nelle facoltà. Adesso ci mettiamo pure gli insegnanti. Forse caro Ministero, così non va bene.