Per gli equilibri mondiali, che come ben sappiamo si reggono soprattutto su interessi economici legati anche e soprattutto alle fonti energetiche, si tratta di ore delicatissime: sono infatti stati messi a segno attacchi con droni contro due importanti raffinerie saudite, ufficialmente rivendicati dai ribelli yemeniti alleati dello Repubblica islamica.
Sui siti di informazione sauditi sono stati pubblicati dei video ripresi nell’impianto di Buqyaq mentre l’attacco era in corso: si sente il rumore di mitragliatrici anti-aeree che sparano evidentemente contro il drone che stava compiendo il bombardamento. La tv saudita Al-Arabiya ha poi mostrato immagini degli effetti dei bombardamenti, con colonne di fumo e fiamme che si alzano dal punto delle esplosioni.
Il bombardamento ha immediatamente costretto Riad a dimezzare la produzione di greggio, secondo indiscrezioni, con una perdita di circa 5 milioni di barili al giorno: volumi pari al 5% dei consumi mondiali, di cui sarebbe difficile fare a meno.
Ma la cosa più preoccupante è un’altra: gli Usa hanno immediatamente puntato il dito contro l’Iran.
Dal canto suo, l’Iran respinge le accuse di Washington.
“Tali accuse e osservazioni sterili e indiscriminate sono incomprensibili e insensate”, dichiara il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Abbas Mousavi, suggerendo che sarebbero un pretesto per giustificare “azioni future” contro l’Iran. “Invece di accusare gli altri Paesi, gli Stati Uniti prendano atto che i problemi di questa regione derivano dalla loro presenza nell’area”, ad esempio in Siria, ma anche “supportando l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi e fornendo loro armi e informazioni”.