Il pagamento delle retribuzioni in contanti da parte del datore di lavoro è vietato in Italia, come stabilito dall’art. 1, comma 910, della Legge n. 205 del 2017 (Legge di Bilancio 2018), che ha modificato il Decreto Legislativo n. 81/2015.
Questo divieto è volto a garantire maggiore tracciabilità e trasparenza nelle transazioni economiche tra datore di lavoro e lavoratore.
Le retribuzioni devono essere pagate attraverso mezzi tracciabili, quali:
- Bonifico bancario su conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore.
- Strumenti di pagamento elettronico.
- Assegno bancario o circolare consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di impedimento, a un suo delegato.
- Pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro ha aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento.
Se un datore di lavoro effettua il pagamento in contanti, sono previste sanzioni amministrative pecuniarie. L’ispettorato del lavoro può irrogare una sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro per ogni lavoratore cui è stato corrisposto lo stipendio in contanti.
La norma si applica a tutti i rapporti di lavoro subordinato, indipendentemente dalla durata e dalla tipologia del contratto. Fanno eccezione i rapporti di lavoro domestico, per i quali il pagamento può essere effettuato anche in contanti.
La finalità di questa normativa è prevenire fenomeni di lavoro nero e favorire la legalità e la sicurezza nelle relazioni lavorative.
Per ulteriori informazioni, la normativa di riferimento è disponibile nei testi legislativi citati, specificamente nella Legge n. 205 del 2017 e nel Decreto Legislativo n. 81/2015.