È facile parlare di migranti in modo impersonale, come fossero solamente numeri da classificare, da schedare, da smistare.
Se è vero che l’Italia non può e non deve essere l’unico paese in Europa a farsi carico della questione migranti, solamente perché è il porto più vicino e raggiungibile di tutto il Mediterraneo, allo stesso tempo non si può liquidare tutto con un decreto.
Non si può respingere e rimandare indietro migliaia di persone che qui hanno cercato di ricostruire la propria vita, hanno trovato accoglienza e salvezza, hanno cominciato a sognare un futuro diverso.
Non si può perché stiamo parlando di essere umani e non di numeri, di uomini donne e bambini, di giovani che magari non reggono la pressione, come ci racconta la terribile storia odierna.
Prince Jerry, nigeriano di 25 anni, aveva presentato la sua richiesta di asilo a Genova ma le istituzioni, anche alla luce del nuovo decreto Salvini, gli hanno negato il “permesso di soggiorno per motivi umanitari”.
Il ragazzo era quindi in attesa di un’udienza dopo aver fatto ricorso al tribunale, ma la disperazione ha preso il sopravvento ed ha scelto di concludere la sua vita lanciandosi sotto un treno.
La notizia è stata diffusa da monsignor Giacomo Martino, responsabile Migrantes di Genova, in un messaggio alla chat dei propri parrocchiani.
“Uno dei nostri ragazzi di Multedo, Prince Jerry, dopo essere stato diniegato prima di Natale e scoprendo che non avrebbe potuto contare neppure sul permesso umanitario che è stato annullato dal recente Decreto, si è tolto la vita buttandosi sotto un treno“, ha detto don Martino. “Non desidero in nessun modo che questo ragazzo e la sua triste storia vengano strumentalizzate per discorsi diversi da quelli di compassione per una vita stroncata e di un lungo sogno interrotto“, ha aggiunto.
Un numero, magari in meno, sull’elenco degli immigrati in Italia, ma nella realtà, quella che troppo spesso ci rifiutiamo di guardare, un ragazzo con tanti sogni, un ragazzo già laureato che qui cercava il suo riscatto.