I ricercatori dell’Università di Helsinki in Finlandia hanno studiato i sintomi dell’insonnia nella mezza età e i loro effetti sulla memoria, sulla capacità di apprendimento e sulla concentrazione nell’età adulta.
Per raggiungere questi risultati, i volontari sono stati seguiti per periodi compresi tra i 15 ei 17 anni.
Secondo lo studio, l’insonnia potrebbe essere uno dei primi sintomi di compromissione del funzionamento cognitivo in età adulta. Inoltre, la ricerca ha anche dimostrato che più lunga è la difficoltà a dormire, più gravi sono gli effetti sulla memoria e sulla capacità di apprendimento.
Ricerche precedenti hanno dimostrato che esistono diversi meccanismi che possono spiegare come il sonno può influenzare il funzionamento cognitivo. Tuttavia, la più grande differenza di questo nuovo studio è il lungo periodo in cui sono stati seguiti i volontari.
Un’altra scoperta interessante dello studio è che quando i sintomi dell’insonnia diminuiscono nel tempo, anche il funzionamento cognitivo migliora durante la maturità. Nel frattempo, in cui non vi era alcun miglioramento significativo, i problemi cognitivi erano persistenti.
Per i ricercatori, l’insonnia a lungo termine può essere considerata un fattore di rischio per il deterioramento cognitivo nella maturità. Per questo motivo, i ricercatori suggeriscono che un intervento precoce per migliorare la qualità del sonno sarebbe pienamente giustificato.
Esistono diversi modi per prevenire l’insonnia, come andare a letto sempre alla stessa ora, evitare gli schermi prima di coricarsi, non mangiare cibi che richiedono tempo per essere digeriti di notte e fare esercizio durante il giorno.
Tuttavia, il leader dello studio, il professor Tea Lalluka, ritiene che siano ancora necessari ulteriori studi di intervento per vedere quali sono gli effetti delle misure contro l’insonnia sulla salute cognitiva a lungo termine.
“In ulteriori studi, sarebbe interessante chiarire, ad esempio, se il trattamento dell’insonnia può anche ritardare lo sviluppo di disturbi della memoria“, afferma Lallukka. Il ricercatore sottolinea che nel presente studio sono stati presi in considerazione solo i sintomi dei problemi auto-riferiti.
Fonte: Medical Xpress