Il rover Curiosity della NASA ha compiuto una delle sue scoperte più significative dal suo atterraggio su Marte nel 2012. Analizzando un campione di roccia risalente a 3,7 miliardi di anni fa, il rover ha identificato le molecole organiche più complesse mai rilevate finora sul pianeta. Una scoperta che, secondo gli scienziati, potrebbe avvicinarci più che mai alla possibilità che la vita abbia avuto origine anche su Marte.

Molecole organiche complesse: cosa ha trovato Curiosity?
Utilizzando il suo laboratorio interno SAM (Sample Analysis at Mars), Curiosity ha analizzato un campione prelevato dalla roccia chiamata Cumberland, raccolto nel 2013 nell’area di Yellowknife Bay, un’antica regione lacustre all’interno del cratere Gale.
Il risultato? Tracce di decano, undecano e dodecano, idrocarburi a lunga catena che potrebbero essere i frammenti di acidi grassi, molecole fondamentali per la formazione delle membrane cellulari e, dunque, per lo sviluppo della vita.
“Questa è probabilmente la scoperta organica più entusiasmante mai fatta su Marte”, ha dichiarato il professor Ben KD Pearce, esperto in astrobiologia.
Vita su Marte? Ancora nessuna prova definitiva, ma ci siamo vicini
Nonostante la rilevazione sia straordinaria, non si tratta ancora di una prova diretta di vita passata su Marte. Le molecole scoperte potrebbero essersi formate anche attraverso processi abiotici, come l’interazione tra acqua e minerali.
Tuttavia, la loro struttura lunga e complessa rappresenta un passo avanti rispetto alle molecole più semplici rilevate in passato. Come spiegato dalla geologa Amy Williams, i processi non biologici tendono a generare acidi grassi più corti, mentre queste catene più lunghe sono tipiche delle strutture biologiche.
La missione Curiosity: oltre 12 anni di esplorazione
Curiosity ha percorso oltre 34 km dalla sua discesa sul suolo marziano, esplorando gli strati del Monte Sharp, che conserva milioni di anni di storia geologica. Il cratere Gale, un tempo ricco di acqua, rappresenta una delle zone più promettenti per indagare l’abitabilità del pianeta.
Grazie a SAM, il rover ha potuto studiare campioni prelevati anni prima, utilizzando metodi sempre più avanzati. In particolare, il team ha replicato esperimenti sulla Terra riscaldando l’acido undecanoico in un’argilla simile a quella marziana, confermando i risultati ottenuti da Curiosity.
Il futuro della ricerca: occhi puntati sulla missione Mars Sample Return
Nonostante Curiosity non possa riportare campioni sulla Terra, il rover Perseverance ha già iniziato la raccolta di materiale nel cratere Jezero, destinato ad arrivare sulla Terra nel 2030 grazie alla missione Mars Sample Return, una collaborazione tra NASA ed ESA.
“Solo analizzando questi campioni nei laboratori terrestri potremo finalmente capire se si tratta davvero di biofirme”, ha sottolineato la ricercatrice Ashley Murphy.
Nel frattempo, l’Agenzia Spaziale Europea si prepara a lanciare nel 2028 il rover ExoMars Rosalind Franklin, capace di perforare fino a 2 metri di profondità per cercare molecole organiche meglio conservate, protette dalla radiazione marziana.
Conclusione: un tassello cruciale nella ricerca della vita
La scoperta di Curiosity non rappresenta ancora la prova definitiva dell’esistenza di vita passata su Marte, ma rafforza l’ipotesi che il pianeta fosse abitabile miliardi di anni fa. E soprattutto dimostra che molecole fragili e complesse possono sopravvivere nel tempo, sfidando le condizioni estreme del pianeta.
Il prossimo capitolo dell’esplorazione marziana potrebbe finalmente dare una risposta all’enigma più grande dell’umanità: siamo soli nell’universo?