Buone notizie dall’Australia: il cancro al collo dell’utero si può sconfiggere con un vaccino.
Il problema principale è quello di avere fiducia nella scienza, nel progresso. Non in maniera cieca, naturalmente, ma in modo razionale e laico; tuttavia la fiducia nella scienza, che sia tale, ha sempre portato a buoni risultati.
Purtroppo, al momento, nel nostro Paese non sembra sia così. Da una parte gli scarsi investimenti nella ricerca scientifica, che ormai ci pongono come nazione arretrata rispetto a molte altre democrazie occidentali moderne, e non solo. Dall’altra una deriva incomprensibile verso lo scetticismo nei confronti della scienza, della medicina, con posizioni che non solo richiamano alla mente l’idea dell’oscurantismo e del Medioevo, ma riportano alla mente lo spiritualismo più cialtrone, quello da sciamani.
La prova più evidente di questo ritorno al passato sono le posizioni antiscientifiche e irrazionali di parte della popolazione italiana nei confronti dei vaccini. In nome di non si sa bene quali complotti internazionali, e forse anche interplanetari. Sono coloro che pensano pure che l’uomo sulla Luna non abbia mai messo piede, e che le scie chimiche attentano in maniera irreversibile alla nostra salute.
Insomma, i 4 tavolini del bar che riversano le loro insoddisfazioni e repressioni varie nel web, pensando che la catarsi, la purificazione di questo mondo sbagliato e mefitico passi attraverso chissà quali idee di incarnazione dello spirito del popolo nel pensiero di qualche sito. Il problema è che non credere allo sbarco sulla Luna, è posizione demenziale ma non foriera di immediati risvolti negativi.
Pensare che i vaccini non vadano fatti, o anche solamente che la maggior parte facciano male, senza alcuna evidenza scientifica, può avere dei risvolti gravi, gravissimi, per tutti quanti. Per la diffusione di determinate malattie, per la possibilità di epidemie. Ecco perché diventa importante avere fiducia nella scienza, rispetto per gli studiosi, per gli organismi nazionali e internazionali accreditati, per le statistiche.
Prendiamo un esempio recente e significativo. In Australia, Paese dove credono nella prevenzione e quindi nei vaccini, si stanno muovendo in maniera importante in direzione di un vaccino che può prevenire in maniera determinante il cancro alla cervice uterina. Lo studio è stato da poco pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet Public Health Journal. A effettuare la ricerca è stato il Cancer Council New South Wales, un’organizzazione benefica. Secondo i ricercatori, l’Australia potrebbe diventare il primo Paese a debellare il cancro alla cervice uterina, se i tassi di vaccinazione risulteranno sufficientemente alti. Gli studiosi parlano di un periodo di 20 anni, alla fine del quale il grande obiettivo potrebbe essere raggiunto. Ciò consentirebbe a questo tumore di essere classificato come cancro raro.
Gli stessi scienziati parlano di eliminazione di un problema di salute pubblica a livello nazionale. Ed è proprio qui il punto importante. Si parla di salute pubblica. Quando si affronta il problema di vaccini, in qualunque nazione del mondo lo si faccia, non si parla di salute di un singolo, di salute individuale, ma di salute pubblica. È questo il concetto che stenta a passare nella dovuta maniera in Italia.
Il cancro alla cervice uterina risulta essere il quarto più frequente nella popolazione femminile, e, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha purtroppo ancora un alto tasso di mortalità. Per l’Australia la previsione è che, entro il 2022, su centomila persone vi potranno essere meno di sei casi. Questo tipo di tumore è generato da alcuni ceppi di HPV, un’infezione trasmessa sessualmente.
La campagna di vaccinazioni, iniziata nelle scuole nel 2007, ha portato in un decennio, fra il 2005 e il 2015, a un tasso di HPV fra e donne di 18-24 anni ridotto dal 22,7% a quasi l’1%. Un risultato davvero encomiabile, che chiama in causa la capacità di pianificazione di governi consapevoli, e l’atteggiamento progressista e illuminato della popolazione di questa grande isola.