Dalle ultime ricerche effettuate dalla University of Cambridge emergono interessanti dati che assolverebbero i grassi saturi; imputati numero uno nell’aumento del rischio di malattie cardiovascolari.
Una scuola di pensiero che affonda le sue radici negli anni ’50, quella che ha educato generazioni di giovani nella prevenzione dell’infarto: un vademecum che, del consumo di alimenti poveri di grassi saturi, ha fatto la sua parola d’ordine, scoraggiando vivamente l’eccessiva assunzione delle fritture e di tutte quelle golose vivande; additate come nocivi contenitori di grassi saturi.
Studi basati su 72 ricerche, che hanno coinvolto 600 mila persone, metterebbero in crisi gli assunti categorici finora impostati e osservati: non vi sarebbe alcuna correlazione tra l’assunzione dei grassi “cattivi” con il rischio coronarico. Lo studio ha persino smentito l’assoluta efficacia dei grassi insaturi, quali Omega 3 e Omega 6, nel riuscire a scongiurare ogni rischio di infarto.
Tutto questo comporterebbe un’attenta rivalutazione dei postulati ai quali ci siamo attenuti finora, sacrificando spesso qualche piccola concessione alla golosità, e aprirsi a nuove linee guida nutrizionali; sempre sotto la guida dei ricercatori.